Un pranzo da 200 euro e un’Italia che non mangia

Quando il lusso diventa ordinario e la fame resta invisibile

Un pranzo in uno dei ristoranti stellati più noti d’Italia può costare 150, 200, anche 300 euro a persona. Una cifra che, a sentire alcuni, “è il giusto prezzo per l’eccellenza”. Ma in un Paese dove il 53% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di 15.000 € lordi l’anno (fonte: INPS, Osservatorio 2023), è lecito chiedersi: cosa definisce davvero l’eccellenza? E a quale prezzo sociale?

Il paradosso è questo: in Italia, il pranzo da Cracco è ormai considerato “normale”, mentre chi lavora ogni giorno in settori chiave come sanità, istruzione, pubblica amministrazione, non può permettersi neppure una settimana di vacanza o una cena fuori al mese.

È normale che un pranzo duri due ore e costi quanto due settimane di lavoro netto per un collaboratore scolastico, una OSS, o un apprendista a contratto?
È normale che un ragazzo con una laurea e due abilitazioni prenda meno di chi serve i tavoli nella stessa sala stellata?

No, non è normale. È una distorsione.
È la normalizzazione dell’ingiustizia economica travestita da “libertà di mercato”.

I numeri della disuguaglianza

  • 5,7 milioni di persone in povertà assoluta, tra cui 1,3 milioni di minori (ISTAT, Report 2024)
  • Reddito mediano netto annuo: 20.250 €, ma più di 1 su 2 guadagna meno (INPS)
  • Salario minimo legale: assente. In alcuni settori si lavora per 4–5 € l’ora
  • Pranzo medio in ristorante stellato: da 150 € a oltre

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