L’Internet che muore: il grido di Pavel Durov e come possiamo sopravvivere nell’era del controllo digitale

 

📢 Il messaggio che ha scosso Telegram

Pavel Durov, il fondatore di Telegram, ha scritto un messaggio cupo nel giorno del suo compleanno:

“Sto per compiere 41 anni, ma non ho voglia di festeggiare. La nostra generazione sta esaurendo il tempo per salvare l’Internet libero costruito per noi dai nostri padri.”

In poche righe, ha condensato una preoccupazione che molti condividono in silenzio: la rete che doveva renderci liberi si sta trasformando nel più potente strumento di sorveglianza mai creato.

Non è solo retorica. Dietro le sue parole ci sono fatti, leggi, tendenze tecnologiche — e un cambiamento culturale che sta ridisegnando il nostro rapporto con la libertà digitale.


Tra realtà e retorica: cosa c’è di vero

Durov non parla nel vuoto.
Il suo allarme arriva dopo mesi difficili: un arresto a Parigi nel 2024, accuse di scarsa collaborazione con la giustizia, e un crescente scontro tra le piattaforme di messaggistica e i governi europei.

L’Unione Europea sta spingendo verso nuove frontiere normative:

  • il Digital Identity Wallet, un portafoglio d’identità digitale europeo che, pur promettendo semplificazione e sicurezza, potrebbe diventare un punto unico di controllo delle identità online;
  • la proposta di Chat Control, che prevede la scansione automatica dei messaggi privati per individuare contenuti illegali — con il rischio di aprire la porta alla sorveglianza generalizzata;
  • l’AI Act, che tenta di regolare l’uso dell’intelligenza artificiale ma lascia margini di eccezione che potrebbero legittimare l’uso del riconoscimento facciale in tempo reale.

In Germania e Regno Unito si moltiplicano i casi di repressione dell’espressione online; in Francia, il caso Durov è diventato un simbolo del conflitto tra privacy e ordine pubblico.
In questo contesto, il suo messaggio assume un tono quasi profetico: “Un mondo oscuro e distopico si sta avvicinando mentre dormiamo.”

Il ruolo dell’intelligenza artificiale: tra controllo e consapevolezza

L’IA è l’ago della bilancia di questa nuova epoca.
Da un lato, rende possibile ciò che fino a ieri sembrava fantascienza:

  • riconoscimento facciale su larga scala,
  • analisi predittiva dei comportamenti,
  • tracciamento di conversazioni e relazioni attraverso pattern algoritmici.

In mano ai governi o a multinazionali, questi strumenti possono diventare un’arma di controllo invisibile: non serve censurare apertamente, basta rendere invisibile ciò che non si vuole far vedere.

Ma l’IA non è solo minaccia: può anche diventare una risorsa di libertà, se usata in modo etico e decentralizzato.
Oggi esistono modelli open source, IA locali che non inviano dati al cloud, sistemi distribuiti (federati) che riducono la concentrazione del potere digitale.
La differenza, come sempre, la farà la consapevolezza di chi li usa.

Non siamo spettatori: come sopravvivere nell’era del controllo

Non servono rivoluzioni digitali: serve coscienza quotidiana.
Ecco alcune pratiche reali per restare liberi nell’era della sorveglianza algoritmica:

1. Proteggi la tua comunicazione

Usa app davvero cifrate: Signal, Session o Element (Matrix) garantiscono crittografia end-to-end senza eccezioni.
Su Telegram, prediligi le chat segrete per le conversazioni sensibili.

2. Riduci la tracciabilità

Ogni dato è un punto di controllo.
Evita login centralizzati (Google, Facebook), limita permessi GPS e microfono, e usa browser privacy-oriented come Brave o Firefox con estensioni di blocco tracciamento.

3. Scegli software liberi e trasparenti

Programmi open source (come Linux, Signal, Thunderbird) non hanno “porte segrete” imposte da governi o aziende.
L’apertura del codice è il primo passo verso la fiducia.

4. Costruisci una cultura digitale attiva

La libertà non si difende da soli.
Parlane, insegna, condividi conoscenza.
Ogni volta che educhi qualcuno alla privacy, espandi il perimetro della libertà collettiva.

5. Decentra la tua vita digitale

Non affidare tutto a un’unica piattaforma o cloud.
Puoi auto-ospitare un server (Synology, Raspberry Pi, VPS) o unirti a reti decentralizzate.
Più nodi indipendenti esistono, più la rete è resiliente.

L’equilibrio fragile tra sicurezza e libertà

È giusto pretendere sicurezza, protezione dei minori e contrasto ai crimini digitali.
Ma non possiamo accettare che ogni messaggio, foto o pensiero privato diventi “ispezionabile per legge”.
La linea è sottile, e si sposta ogni volta che restiamo zitti.

La vera minaccia non è il controllo in sé — è l’abitudine al controllo.
Quando iniziamo a pensare “tanto non ho nulla da nascondere”, la libertà ha già perso metà della battaglia.


Un compito generazionale

Durov scrive:

“Stiamo tradendo la libertà lasciataci dai nostri padri. E il tempo per salvarla sta finendo.”

Forse non tutto è così imminente come teme, ma il rischio è reale.
Non siamo l’ultima generazione libera, ma potremmo diventarlo se continuiamo a delegare tutto — dati, scelte, opinioni — a chi ha interesse a controllarli.

L’Internet libero non si difende con nostalgia, ma con consapevolezza, cultura e coraggio.

In sintesi

Minaccia Cosa fare
Identità digitali centralizzate Usa soluzioni decentralizzate e servizi open source
Sorveglianza dei messaggi Prediligi app con crittografia reale
Tracciamento AI e profilazione Minimizza dati, disattiva permessi superflui
Disinformazione e manipolazione Verifica fonti, educa alla lettura critica
Censura algoritmica Diffondi contenuti anche su piattaforme indipendenti

Conclusione

Internet è ancora libera, ma ogni aggiornamento normativo o tecnologico può spostare il confine tra libertà e controllo.
Sta a noi — docenti, tecnici, cittadini, creatori di contenuti — decidere se diventare utenti passivi di una rete sorvegliata o costruttori di una nuova cultura digitale, più consapevole e meno ingenua.

Non è una guerra di hacker.
È una sfida di educazione, lucidità e scelte quotidiane.

E come direbbe Durov:

“Non stiamo perdendo Internet.
Stiamo perdendo il coraggio di essere liberi.”

 

Ogni sito indipendente è un piccolo atto di libertà.Ogni articolo pubblicato fuori dai social è una scintilla di autonomia.Ogni docente, tecnico o cittadino che condivide conoscenza contribuisce a mantenere vivo l’Internet per cui i pionieri avevano lottato.

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