Da quasi un secolo, la cosmologia è alle prese con il mistero della materia oscura, una componente invisibile dell’Universo che sembra influenzarne profondamente la struttura. Le prime anomalie gravitazionali osservate nelle galassie hanno suggerito l’esistenza di questa massa sconosciuta, ma la sua natura rimane ancora oggi un enigma.
La scienza si evolve gradualmente, con momenti di svolta segnati da nuove scoperte. Il filosofo Thomas Kuhn evidenziò come ogni rivoluzione scientifica nasca da un’anomalia, ovvero dall’incontro tra osservazioni inattese e modelli teorici inadeguati. Le irregolarità nei movimenti delle galassie seguirono proprio questo schema, incontrando scetticismo iniziale prima di essere accettate come una sfida alla fisica tradizionale.
Le prime anomalie e la ricerca della “massa mancante”
Già nel 1933, Fritz Zwicky scoprì che le galassie dell’Ammasso della Chioma si muovevano a velocità superiori a quelle previste, suggerendo la presenza di una materia invisibile e molto più abbondante rispetto a quella luminosa. Osservazioni analoghe furono fatte da Sinclair Smith e Horace Babcock, che rilevarono che la Galassia di Andromeda manteneva alte velocità di rotazione anche nelle zone periferiche.
Negli anni ’70, l’astrofisica Vera Rubin, utilizzando un nuovo fotomoltiplicatore progettato da Kent Ford, confermò queste anomalie in numerose galassie. Questo fu un passaggio decisivo per il riconoscimento del problema, come lei stessa scrisse:
“La scienza spesso avanza quando le idee, in passato molto differenti, sono riunificate. Gli astronomi hanno impiegato molto tempo per collegare la materia oscura di Zwicky alle curve di rotazione piatte di alcune galassie. Se dovessi scegliere una data in cui gli astronomi hanno deciso che la materia oscura deve esistere realmente, sceglierei il 1978.”
Verso nuovi paradigmi
Accettata l’anomalia, la comunità scientifica si è interrogata su cosa costituisse questa massa mancante. Si sono formulate diverse ipotesi: nane brune, buchi neri, neutrini, o nubi di gas freddo. Tuttavia, nessuna di queste spiegazioni sembrava sufficiente.
Negli anni ’80, nuove teorie hanno cercato di dare una risposta. Kim Griest introdusse il termine MACHO (Massive Compact Halo Object), mentre la teoria delle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles) ipotizzò particelle elementari interagenti debolmente, difficili da rilevare. In Italia, l’esperimento DAMA/LIBRA ai Laboratori del Gran Sasso ha cercato di individuare queste particelle esotiche, senza ancora una conferma definitiva.
Oltre la materia oscura: ripensare la gravità?
Alcuni scienziati hanno suggerito un cambio di paradigma più radicale: anziché cercare una nuova materia, si potrebbe rivedere le leggi della gravitazione. Già nel 1963, Arrigo Finzi ipotizzò che per grandi distanze la gravità potesse comportarsi diversamente, riducendosi più lentamente rispetto alla legge di Newton. Negli anni ’80, Mordehai Milgrom sviluppò la teoria MOND (Modified Newtonian Dynamics), che avrebbe reso inutile la materia oscura. Sebbene questa ipotesi si adatti alle curve di rotazione galattiche, non è sufficiente su scala cosmologica.
In attesa della rivoluzione
Dopo quasi un secolo di studi, la materia oscura rimane un enigma irrisolto. Potrebbe essere composta da diverse particelle, così come la materia ordinaria. Alcune galassie sembrano prive di materia oscura, altre ne sono quasi interamente costituite. La risposta potrebbe arrivare con nuovi strumenti e nuove teorie, ma la rivoluzione cosmologica deve ancora compiersi.
